TERMINATOR VS 009

di Renato


Nota: il presente racconto è una semplice novellizzazione del film “Terminator” del  1984 regia di James Cameron, con un crossover fra il medesimo ed i nostri cyborg :-)
Spero vi divertiate.
Costigan

LOS ANGELES ANNO 2029 D.C.

Le macchine emersero dalle ceneri dell'incendio nucleare. La loro guerra per sterminare il genere umano aveva infuriato per anni ed anni, ma la battaglia decisiva non sarebbe stata combattuta nel futuro. Sarebbe stata combattuta nel presente, oggi.

LOS ANGELES, oggi

h 03:50

Patrick Marvel, coscienzioso e leggermente sbronzo funzionario operativo di colore del dipartimento cittadino addetto alla guerra contro i rifiuti, ovvero spazzino, aveva iniziato il suo turno con l'assoluta certezza che non gli avrebbe riservato sorprese. Mentre era al volante del suo camion, rombante e tangibile simbolo per i colleghi appiedati di una realizzazione ottenuta nonostante la sua non proprio estesa cultura, nonché dimostrazione che gli universitari siano  pappemolli ignare della vera lotta per la sopravvivenza, era grato alla sua perfetta conoscenza del percorso perché compensava i suoi riflessi annebbiati. Il cono di luce dei fari illuminò l'enorme cassone dell'immondizia e Marvel, affidandosi all'abitudine come ad un pilota automatico, vi si diresse mantenendo l'allineamento degli innesti dell'elevatore frontale del veicolo. Il contraccolpo gli disse che aveva fatto centro. Azionò l'interruttore ed il familiare ronzio del motore elettrico dell'elevatore gli fece capire che il cassone si stava davvero sollevando.
Poi, all'improvviso, il silenzio.
Il subconscio di Marvel lo percepì.
Poco alla volta, la consapevolezza emerse. 
Il mostro meccanico era fermo.
La sua potenza annullata.
La pazienza di Marvel anche.
Premette tre volte l'interruttore.
Nulla.
I fari del camion si spensero.
Marvel passò all'interruttore dei fari.
Nulla.
Poi girò la chiave di accensione.
Nulla.
Il silenzio venne interrotto da Marvel, reso lucido dalla collera.
Poi vide la luce.
Azzurra, nebbiosa, fluorescente.
Le cartacce e le bottiglie di plastica sul marciapiede presero a turbinare, trascinate da un mulinello intenso, scatenatosi all'improvviso nell'aria immota. Anche l'illuminazione pubblica si spense. Marvel vide esterrefatto veri e propri fulmini ad arco percorrere i profili di tutti gli oggetti metallici.
Era lucidissimo, ora.
Vide un buco, ma senza nessun muro a fargli da supporto.
Il buco divenne uno scoppio elettrico di fumo e scintille.
Quando la nube di diradò, vide un uomo inginocchiato dalla corporatura incredibilmente possente.
L'uomo non indossava nulla. Si alzò in piedi lentamente, con un movimento unico, macchinalmente, incurante del freddo.
Il suo volto era impassibile e duro.
Quello di Marvel assai meno.
Marvel, che non si considerava uno stupido, tentò di spiegare l'accaduto, ma non aveva molti strumenti a disposizione.
Tentò con gli alieni, ma quello era fatto come noi.......anche se non proprio come Patrick Marvel.
Allora passò al Secondo Avvento di Cristo, ma pur scartando anche questa ipotesi, prese a nominare Cristo parecchie volte.
Il camion era fermo, e quello sconosciuto gli faceva una paura terribile.
Fu quella a dargli la forza.
Aprì la portiera e prese a correre molto velocemente, nonostante anni di birre, liquori, sigarette e vita sedentaria.
Non poteva immaginare che due microcamere cibernetiche all'infrarosso lo avevano rapidamente analizzato ed un processore potentissimo e completamente blindato lo aveva giudicato irrilevante, anche perché la taglia dei vestiti di Marvel non poteva adattarsi a quel fisico perfetto e gigantesco.

h 04:40

“Ecco, io sono amico di tutti! Sono sempre stato amico di tuttiiiii.....Io voglio bene......”
Questo proclama di fratellanza universale proveniva da un giaciglio di cartacce in un vicolo buio che conduceva ad un dedalo di vicoli altrettanto invitanti.
Il cantautore non si curava di questi dettagli. Non poteva neppure percepire la sua situazione. Tre bottiglie vuote, vicino a lui, ne avevano creato un'altra. Quando vide il globo di luce azzurra ed i fulmini, non si fece domande. Si limitò a contemplarne al meraviglia senza le elucubrazioni di Marvel.
Poi da essa scaturì un uomo.
Un giovane biondo, atletico, cadde nudo sull'asfalto gelato, battendo i denti.
L'Amico di Tutti non soppesò minimamente l'incongruenza della situazione.
Si limitò ad agire secondo la sua dottrina.
“Ehi, amico, hai visto anche tu quella gran bella luce?”
Il giovane si avvicinò e, con un solo rapido movimento, gli sfilò i pantaloni.
Mentre li indossava, un fascio di luce lo investì.
Il fascio partiva dal finestrino di un'auto bianca e nera della polizia di Los Angeles.
“Ehi, guarda lì! Fermo dove sei!”
“Attento, se la squaglia!” disse il collega.
“Ehi! Ho detto di fermarti! Fai il giro!”
Mentre il poliziotto si mise ad inseguirlo a piedi, l'altro, con la macchina, si mosse per intrappolare il fuggiasco.
Il ragazzo si era dato ad un fuga frenetica.
Era chiaramente un tipo sospetto, come confermava la testimonianza dell'Amico di Tutti.
“Quel figlio di puttana mi ha preso i pantaloni! Io non capisco, non capisco!”
Il poliziotto correva davvero rapido, ma il ragazzo pareva scomparso.
Comparve all'improvviso e gli fece perdere l'equilibrio. Il poliziotto reagì, ma si trovò spianata di fronte la sua pistola.
Si bloccò ed alzò le mani, confidando nell'arrivo dei rinforzi. Il suo collega sarebbe intervenuto a sua volta spalleggiato da altri.
Il ragazzo non aveva una faccia da delinquente, tutt'altro.
Non sembrava cattivo, pareva piuttosto...disperato.
Fece una domanda concitata e bizzarra.
“Che giorno è? La data!”
“12 Maggio....Giovedì” replicò il poliziotto, perplesso.
“Di che anno?”
“Che? L'anno?”
Un fascio di luce, il balenio colorato dei lampeggianti ed il rumore delle sirene animarono i vicoli sordidi e bui.
Il ragazzo riprese la sua fuga forsennata.
Saltò il cofano di una macchina della polizia che per poco non lo investì.
I colleghi raggiunsero il poliziotto.
“Mi ha preso la pistola. Andiamo!”
L'inseguimento proseguì.
L'allarme si diffondeva fra le pattuglie.
Il ragazzo sapeva che, solo con quei pantaloni indosso, non avrebbe resistito a lungo.
Poi, la salvezza.
Un camion era fermo davanti al magazzino di un supermercato. Un fattorino stava scaricando degli abiti.
Il ragazzo si precipitò nel magazzino e salì una scala.
Sfondò una porta e corse nel centro commerciale.
“Abiti da uomo”
Si vestì.
Sapeva di comportarsi come un ladro.
Soffriva per questo, terribilmente, ma aveva una terribile ragione per farlo.
Ormai aveva scelto e sapeva cosa lo avrebbe atteso al suo arrivo.
Le torce dei poliziotti presero a tagliare l'oscurità.
Il giovane biondo era perfettamente addestrato.
Li eluse, saltò da una finestra su un terrazzo e da lì scalò il muro fino alla strada.
Una macchina della polizia era ferma con due ruote sul marciapiede.
Silenzioso, il giovane si avvicinò.
Avevano lasciato la macchina incustodita.
Prese un fucile dalla macchina.
Quella disattenzione da parte dei suoi inseguitori aveva dell'incredibile.
Il fucile era un modello Ithaca calibro 12 a pompa.
Lo classificò con sicurezza. Aveva studiato bene le armi di quel tempo, gli sarebbero servite.
Riconoscendo con se stesso di aver avuto una fortuna sfacciata in aiuto al suo addestramento ed alle sua capacità.....speciali.......il ragazzo si dileguò.

La ragazza bionda dal volto delicato tirò sul cavalletto il suo scooter rosa e diede un buffetto al grande Topolino di plastica che accoglieva sorridente i clienti del Fast Food.
“Dagli un'occhiata tu, eh? Ciao!”
Entrò dalla porta del personale e raggiunse il suo armadietto.
Mentre indossava l'uniforme, la sua collega Nancy la salutò.
“Ciao Françoise!”
“Ciao Nancy! Ho fatto un po' tardi”
“Pure io. Vieni! Andiamo a fare esercizio di sorrisi”
Françoise sospirò.
“Senta, me lo porta questo caffè per favore?”
“Subito, signore!” replicò Françoise con il suo consumato sorriso professionale “A chi va questo brasato?”
“No” replicò un'individuo arcigno, dall'alto del suo potere d'acquisto “Io ho ordinato il manzo alla griglia”
“Credo che quello sia il mio” intervenne un altro “Senza patatine”
“Lui ha chiesto il manzo alla griglia, io il manzo al chili speciale” intervenne un terzo.
Françoise chiese un poco di collaborazione.
Servì i piatti che corrispondevano con tutto l'equilibrismo di cui era capace.
I suoi studi di danza classica avevano finito per avere quell'applicazione inaspettata.
“Allora, nessuno lo vuole, per favore?”
“Signorina, noi vorremmo ordinare”
“Si signora!” replicò Françoise voltandosi di scatto ed urtando un frappè.
“Faccia attenzione, che diavolo!”
Françoise si precipitò ad aiutarlo.
“Oh, mi dispiace signore!  N-non sarà mica pelle vera?”
Mentre cercava di rimediare al disastro, un bambino si avvicinò furtivo e le depositò una pallina di gelato nella tasca del grembiule.
Françoise accolse il dono con un sospiro rassegnato.
“Non prendertela” le disse Nancy “I clienti saranno così anche fra cento anni”

Il ragazzo biondo fermò la macchina nei pressi di un cantiere edile.
Aveva bisogno di dormire almeno un poco.
Il posto gli era parso sufficientemente sicuro a questo scopo e nello stesso tempo abbastanza riparato da non esporlo alla vista di curiosi.
Aveva il fucile a portata di mano e si era procurato del denaro ed una macchina.
“Procurato!” pensò, con amara ironia.
Dormire nella sua situazione poteva essere pericoloso, ma sapeva di avere il sonno leggero e di avere bisogno di tutte le sue energie per adempiere alla missione.
Lui non era una macchina.
Il suo nemico sì.
Guardò le macchine al lavoro nel cantiere, docili serve degli esseri umani che le controllavano. Il ragazzo sapeva che non le avrebbero controllate per sempre. Aveva imparato nei modi più terribili cosa volesse dire delegare troppo alle macchine, renderle troppo intelligenti, affidarsi solo a loro.......
I cingoli della ruspa erano decisamente più rudimentali di quelli utilizzati da KC, i carri automatizzati del nemico.
Pensò al mondo di guerra e rovine che si era lasciato dietro per...........lei.
Pensò al suo volto, aveva studiato quella foto imparando a memoria ogni suo lineamento, cercando di decifrare la sua espressione un po' triste, immaginando i suoi pensieri.............
Le macchine non avrebbero calpestato quel fiore.
Non avrebbero annientato la leggenda, Françoise Arnoux.
Lui era lì per quello.
Si voltò ancora verso i cingoli della scavatrice.
Pensò ai KC e, all'improvviso, cadde in un sonno agitato.
Non gli parve strano indossare la sua uniforme da campo e tutto l'equipaggiamento.
Non gli parvero strani l'elmetto ed il fucile al plasma.
Tutto intorno a lui, le rovine di una metropoli moderna si estendevano a perdita d'occhio su tutto l'orizzonte. Le strade erano segnate da interminabili file di veicoli distrutti.
Il cielo venne solcato dalle scie di un cannone al plasma.
I raggi si schiantarono fra le rovine. Il punto venne segnato da un fungo di fuoco arancione.
Si era prontamente gettato a terra.
Si sentì toccare la spalla.
Era una ragazza. Portava un elmetto identico al suo, imbracciava un fucile, la stessa uniforme.
Una commilitona.
Il volto smagrito dalla fatica ed annerito era bello, nonostante tutto.
Joe lo contemplò per un'istante.
Lei lo fissò con espressione interrogativa.
Attendeva ordini.
Le fece segno di nascondersi.
Un'unità volante del nemico, impegnata in un rastrellamento, si librò sulla zona come una gigantesca libellula. Il ronzio dei suoi tre rotori orizzontali era basso, ma minaccioso. I suoi scanner si mossero come ventagli, ma i due si erano riparti in una buca e l'avevano coperta con una lamiera. L'unità non rilevò i due, diede l'ok al KC e si allontanò.
Il Kc si fece avanti.
Una torre di ferro irta di fari, scanner e cannoni a ripetizione, trasportata da cingoli  innestati su blocchi di rotolamento triangolari.
Le sue armi battevano sistematicamente ogni angolo sospetto.
Lui fece segno alla sua compagna di seguirlo.
Si mossero parallelamente al KC, coperti da una fila di veicoli distrutti, si inerpicarono agili su cumuli di macerie e rottami e si ripararono dietro un grosso frigorifero industriale, facendo fuggire una piccola comunità di topi.
Iniziarono la loro corsa di avvicinamento.
Il rombo dei cingoli del KC si faceva sempre più forte. Le loro maglie d'acciaio stavano frantumando un campo di scheletri.
I colpi di un'arma al plasma, sparati da lontano, esplosero sulla corazza. Le armi del KC ruotarono e fecero fuoco. Quell'attacco era un diversivo. Alla terza scarica avrebbero dovuto gettare le bombe al plasma sul percorso del KC.
I due si acquattarono dietro la carcassa di un'automobile.
Lui le fece segno di separarsi e lei obbedì, correndo dietro un altro riparo.
Il momento venne.
Lei si sporse troppo per lanciare la sua bomba. Una delle armi del KC ruotò sul suo perno e la colpì. Con un botto secco il corpo della donna esplose. Non rimasero che l'elmetto e brandelli di uniforme.
Lui invece tirò la bomba.
Il cingolo del KC la schiacciò.
Una enorme palla di fuoco avvolse il cingolo, poi dalla torre armata ne scaturirono altre. Il carro robot di trasformò in un rogo.
Il ragazzo corse verso il veicolo d'appoggio. Un'automobile trasformata in un rudimentale autoblindo superveloce. Aveva una mitragliera.
L'uomo alla guida gli lasciò il posto e si mise alla mitragliatrice. La postazione era stata ricavata da un'apertura sul tetto.
Lui guidò a rotta di collo lungo uno stretto percorso accidentato.
L'unità aerea che appoggiava il KC prese ad inseguirli sparando.
Il mitragliere rispondeva con un fuoco forsennato, ma i violenti scossoni non permettevano una mira stabile.
Uno dei colpi del velivolo robot centrò una ruota disintegrandola.
L'auto si rovesciò e prese fuoco.
Cercò di uscire dall'auto rovesciata ma era impossibile.
Le fiamme lo circondarono.
Urlò di terrore e si svegliò.

L'uomo gigantesco dai pesanti stivali si guardò intorno macchinalmente ed individuò la rudimentale fonte di informazione che gli occorreva. Una semplice cabina telefonica.
Anche lui, come il ragazzo biondo, aveva una missione, ma nessuna emozione o consapevolezza. La missione, concideva con tutto il contenuto del suo cervello artificiale. Un cervello situato nel torace, al posto del cuore. Esteriormente respirava, ma era solo una simulazione. La carne, i capelli, la pelle erano umani, ma solo quelli. 
Chi lo aveva inviato, una macchina ancora più complessa, non aveva molte informazioni perchè gli archivi cittadini erano andati perduti durante la guerra. Conosceva il nome e la città.
La cabina era occupata da un tipo tra l'intellettuale e l'hippie.
“Ciao bella, sì, sono Mike. Senti, dovresti venire a prendermi, si è rotta la moto. Ma no, non  mi importa quello che stai facendo, vieni a pren......”
Mike sentì sulla spalla una stretta d'acciaio e subito dopo si trovò a ruzzolare sul marciapiede. Guardò il gigante dall'abbigliamento di gusto paramilitare entrare nella cabina senza interessarsi minimamente alla cornetta penzolante.
La voce all'altro capo del filo cercava di riprendere la conversazione.
“Mike, stai bene? Sei ancora lì? Mike? Mike, ma dove sei? Andiamo Mike, che stai facendo? Avanti, su ,dai. Guarda che io non  vengo, sai?”
Mike non perse la sua tendenza all'analisi.
“Ehi amico! Tu hai dei seri problemi di comportamento!”
Il gigante non diede segno di preoccuparsene.
Aprì l'elenco del telefono.
C'erano tre Arnoux Françoise a Los Angeles.
Memorizzò gli indirizzi e si mise in movimento, lasciando la cornetta a penzolare.

Finito il suo turno, una spossata Françoise si diresse all'armadietto quando Nancy si  impossessò letteralmente di lei.
“Françoise, è incredibile! Vieni ad ascoltare il telegiornale!”
Nancy la stava letteralmente trascinando.
“Calma, cosa fai? Vengo, vengo!”
Come entrò nell'ufficio vide che tutti stavano seguendo il telegiornale ma, come la videro, la guardarono con espressioni stranamente divertite.
Françoise era perplessa.
“Ma cosa......”
“Ascolta!” le disse Nancy.
“....la polizia ha comunque reso noto che una descrizione del sospettato è stata compilata da parecchi testimoni. Ripetiamo, Françoise Mary Arnoux, di trentacinque anni e madre di due figli, è stata brutalmente uccisa dentro casa questo pomeriggio....”
Françoise rimase di sasso.
“Tu sei morta, cara” le disse Nancy.
Françoise non si stava affatto divertendo.

Una volta tornata a casa, Françoise aveva già dimenticato quel macabro scherzo.
Il sorriso irresistibile della sua coinquilina, Ginger Ventura, le ridiede l'allegria.
Ginger, come sempre a gambe nude sempre intente ad accennare passi di danza e le cuffiette del suo walkman sulle orecchie, continuava a saltellare mentre si spazzolava la vaporosa chioma corvina. Era sempre allegra e dinamica, e si era affezionata a Françoise, che, all'opposto di lei, era sempre calma e pacata.
Era venerdì sera, quindi dovevano essere bellissime, imperativo categorico per due ventenni.
Il telefono squillò.
Dato che Ginger stava spendendo il suo turno di cosmesi, Françoise sorvegliava il telefono e rispose prontamente.
“Pronto?”
“Prima si sbottonerò la camicetta, poi ti sfilerò il reggiseno................”
Françoise coprì la cornetta con la mano, rise e fece un cenno a Ginger.
“E' Matt!”
Poi continuò ad ascoltare una dettagliata descrizione della sua svestizione e di quanto sarebbe seguito cercando di non ridere, fino a quando decise di interrompere il gioco.
“Credevo avessi Ginger per queste cose!”
“Eh.....Oh! F-Françoise.......scu....scusa....i...io.....c'è Ginger?”
“Sì amore!”
Ginger rise forte e prese la cornetta.

“Con voi sbirri non si può ragionare!” esclamò il membro di una banda motorizzata ammanettato dopo un maldestro tentativo di dialettica forense, mentre continuava a dibattersi nella stretta di due agenti di polizia con due facce da mastino.
“Con te invece è facile, animale!” esclamò uno dei due rafforzando al stretta e strappando un grido di dolore al “libero cittadino della nazione che paga le tasse”.
Il “libero cittadino” prese a minacciare i due agenti ma diminuì la resistenza e venne trascinato via.
Il segaligno sergente Vukovich degnò la scena di un'occhiata filosofica e tornò al suo fascicolo. Bastavano gli agenti per l'ordinaria amministrazione.Lui invece doveva segnalare al suo superiore ed amico un caso tutt'altro che ordinario.
Non appena lo vide e entrare, lasciò la scrivania e si diresse prontamente verso di lui con due fascicoli.
Il tenente Ed Traxler, un uomo di colore di mezza età, brizzolato, con pancia ed occhiali non aveva l'aria del poliziotto, ma lo era, ed in gamba.
Lui e il sergente Vukovich erano una coppia stranamente assortita, ma efficiente.
“Ed!”
Traxler venne subito al punto.
“Cosa abbiamo?”
“Una ragazza morta”
Traxler gli mostrò gli occhiali.
“Ci vedo, sai, con questi!”
“Françoise Mary Arnoux, segretaria, 35 anni. Le hanno sparato sei volte a meno di due metri. Un'arma di grasso calibro. Purtroppo, non è tutto qui”
Vukovich gli porse il secondo fascicolo.
“Ecco, è appena arrivato dalla Divisione Valley questo pomeriggio”
“Sei certo che ci sia un nesso in tutto questo?”
“Guarda il nome, Ed”
“Françoise Louise Arnoux. E' sicuro?”
“Sì!” replico asciutto Vukovich.
“La stampa ci andrà a nozze!” commentò il tenente Traxler, che detestava le forme di curiosità morbosa verso le gesta dei maniaci.
Il sergente Vukovich, che condivideva in pieno, ebbe un moto di rabbia.
“Io i maniaci li odio”

Françoise e Ginger ammirarono allo specchio il risultato della loro arte cosmetica.
Ginger cinse le spalle di Françoise con un braccio e commentò.
“E' anche troppo per un comune mortale!”
Françoise sorrise.
“Ginger, hai controllato i messaggi?”
“No, ultimamente no, credevo lo avessi fatto tu”
Françoise non polemizzò. Non era il tipo.
Azionò la segreteria telefonico.
“Fran, sono Stan. Ho avuto un contrattempo e credo che non ce la farò stasera. Non so some liberarmi. Ti chiamo io fra un paio di giorni. Ciao.”
“Porco!” commento Ginger.
Françoise non potè nascondere il suo disappunto.
Ginger le si sedette vicino.
“Solo perchè ha una porsche crede di poterti trattare così!”
Françoise le strinse la mano.
“Io esco ugualmente”
“Sola?”
“Sì” replico Françoise “Credo che andrò al cinema. Divertitevi, tu e Matt”
Indossò la giacca ed uscì salutando Ginger.
Non appena chiuse la porta una mano si strinse sulla sua spalla.
Françoise gridò e vide Matt.
Rise e gli diede dello scemo aggiungendo un pugno.
Poi gli diede un bacio sulla guancia, lo salutò e scese nel garage  a prendere lo scooter.
Non fece caso all'automobile che accese i fari e la seguì.

“Ah! Eccolo! Tenente!”
Traxler venne investito da una mitragliata di lampi viola.
Accolse la grandinata di domande senza prestarle troppa attenzione.
“Può dirci qualcosa sui due omicidi?”
“Avete scoperto qualche legame?”
“Cosa potete dire in merito al fatto che l'ordine degli omicidi sia lo stesso dell'elenco telefonico?”
Traxler rispose nell'unico modo in cui avrebbe potuto rispondere.
“Cosa volte che possa dirvi ora? No Comment!”
Sapeva bene che questo non li avrebbe allontanati. Voleva solo prendere un po' di tempo. Forse questi cacciatori di notizie potevano lavorare per lui anziché riempirli di telefonate di mitomani, almeno per una volta.
Si chiuse la porta alle spalle e si rivolse al sergente Vukovich.
“Sei riuscito a contattare la terza ragazza?”
“Ho provato tre volte, risponde sempre la segreteria” replicò Vukovich porgendogli un caffè. Sapeva che ce ne sarebbe stato bisogno, quella notte.
“Prova ancora!”
Vukovich fece il numero e mise il viva-voce.
“Eccomi qui! Ah ah! Ci siete cascati, eh? State parlando con un registratore.......”
“Manda una pattuglia all'indirizzo!”
“Già fatto!”
“Ok” Traxler accennò alla porta “Quegli sciacalli là fuori per una volta possono lavorare per noi. Se appaio in televisione lanciando un appello può darsi che ci chiami lei”
Traxler si aggiustò il nodo della cravatta.
“Come sto?” chiese a Vukovich.
“Il solito schifo” replicò deferente Vukovich.
“Sei bello tu”
Traxler aprì la porta e, a voce abbastanza alta da sovrastare il torrente di domande, disse che doveva fare un'importante dichiarazione.
Ai cronisti non parve vero.

Françoise camminava, pensando a Stan.
“Non morirò per questo”
Camminava lungo la Pico Boulevard, sola con i sui pensieri.
All'improvviso, un'intenso aroma di caffè la investì. Era intenso ed invitante.
Ne provò un'improvviso desiderio ed entrò. Il locale era un po' troppo fumoso, ma frequentato da persone normali. Una ragazza sola non avrebbe corso il rischio di venire infastidita. Chiese un caffè e si sedette ad un tavolino. Sorseggiandolo, sentì un nuovo vigore diffondersi attraverso le sue membra affusolate ed il suo umore migliorò. Decise che avrebbe passato la serata al cinema. Prese il giornale, un'edizione della notte, e prese a sfogliarlo. Vide il suo nome in cima ad un'articolo. Il titolo diceva “La seconda Françoise Arnoux uccisa – Il killer dell'elenco telefonico colpisce ancora”.
Lesse l'articolo con crescente angoscia.
Le vittime erano state uccise nello stesso ordine dell'elenco telefonico.
Corse al bancone e chiese al barista un'elenco telefonico.
Il terzo nome era il suo e lei era uscita di casa da sola!
Nel locale c'era un televisore.
“........passiamo alla cronaca nera”
Il barista cambiò canale.
“No! No! La prego! Torni sul canale precedente!”
Tutti si girarono a guardarla. Il barista obbedì, sorpreso dal tono disperato della richiesta.
“...........è stata uccisa da un uomo armato stasera in casa sua. Sei ore dopo, un seconod omicio con le stesse modalità è stato commesso ai danni di una persona omonima. La seconda vittima, seconda anche nell'ordine dell'elenco telefonico, si chiamava Françoise Louise Arnoux. L'omonimia pare il solo nesso fra i due omicidi. Il tenente Traxler del Dipartimento di polizia di Los Angeles, che si occupa del caso, invita......”
Françoise pagò con mani tremanti il caffè ed usci di corsa in strada. Lo stomaco le doleva per la tensione.
“Calma, Fran, calma........Oh mio dio!......Calma”
Si sentiva in pericolo, vulnerabile. Era sola..........
Prese a camminare, le pareva di essere più al sicuro muovendosi. Ogni tanto si guardava alle spalle. Notò due volte un ragazzo biondo che faceva la sua stessa strada. Portava uno spolverino lungo. Forse esagerava, ma era in gioco la sua vita. Si augurò di sbagliarsi, ma lo sconosciuto continuò a fare la sua stessa strada per un tratto che a Françoise parve un po' troppo lungo.
Rimanere in strada era pericoloso.
Doveva raggiungere un luogo sicuro e chiamare la polizia.
Ebbe un'idea. Un locale pubblico con un telefono....già, il posto dove si trovava prima.....maledizione, se solo non avesse perso la testa.....facile a dirsi.....
Si rese disperatamente conto che era inutile recriminare.
Sentì musica ad alto volume diffondersi dall'ingresso multicolore di una discoteca.
Lesse l'insegna.
“Tech Noir”
La memorizzò. Avrebbe dovuto spiegare alla polizia dove si trovava.
Entrò e si rivolse alla cassiera, alzando la voce nel frastuono.
“Scusi, avete mica un telefono?!”
“Sì, laggiù” replicò in maniera non troppo fine la giovane metallara tatuata.
Françoise fece per andarci, ma la cassiera intervenne.
“Ehi! Quattro dollari e cinquanta!”
Françoise pagò e si diresse al telefono.
Compose il numero della polizia e udì una voce registrata che pregava cortesemente di rimanere in attesa del  primo operatore disponibile.
Ebbe un moto di impazienza e si rassegnò ad attendere.
Decise che, se non fosse riuscita a prendere la linea, avrebbe chiamato Matt e Ginger.
Il ragazzo biondo, nel frattempo, entrò a sua volta e scelse un luogo in disparte. Rimase silenzioso, in attesa, senza perdere d'occhio l'ingresso. Françoise, confusa dalle luci della discoteca non fu certa di averlo visto entrare, ma il dubbio bastò a farla gelare.

Ginger si alzò dal letto. Indossò una corta vestaglia di seta e, sempre con le sue inseparabili cuffiette, si diresse in cucina a passo di danza per versarsi un bicchiere di latte.
Matt, semiaddormentato, notò una figura in piedi vicino al letto.
“Ginger.....” disse con voce assonnata.
Allungò un mano pensando di incontrare la coscia vellutata della sua frizzante fidanzata, e percepì uno stivale. Si svegliò di colpo e fronteggiò coraggiosamente lo sconosciuto.
“Hey, tu! Che fai qui. Eh! Sparisci!”
La figura nera rimase impassibile. Non parlò e non si mosse.
Ginger continuava il suo balletto, isolata dalle cuffiette.
Matt le gridò di chiamare la polizia, ma lei non poteva sentirlo.
Matt passò alle vie di fatto con l'intruso. Era un ragazzo robusto, ma lo sconosciuto reagì sollevandolo da terra con un braccio solo e scagliandolo contro l'armadio. Matt si rialzò, lo aggredì ancora e gli fece perdere l'equilibrio, ma il corpo a corpo fu breve. Stavolta volò contro uno specchio ferendosi. Impugnò un lume dalla pesante asta metallica e vibrò allo sconosciuto un colpo tremendo. La mano dello sconosciuto si limitò ad arrestarne la corsa afferrandolo. Poi la pistola tuonò.
Mentre tornava in camera con un bicchiere di latte per Matt, Ginger vide la porta della stanza andare in frantumi. Fu il corpo insanguinato di Matt a sfondarla. Dietro di lui apparve un uomo gigantesco.
Ginger vide quell'orrore, poi la pistola.
AMT 45 Hardballer, un'arma terribile a distanza ravvicinata.
Il mirino laser scintillò ferendole gli occhi.
La povera ragazza fuggì verso l'ingresso con tutta la sua rapidità e il suo vigore, ma una forte spinta alla schiena la fece letteralmente volare sul pavimento.
Era il primo proiettile.
Con la forza della disperazione, piangendo, lasciando una scia rossa sul pavimento, si trascinò con il braccio che poteva ancora muovere.
Gli altri proiettili spensero i suoi sogni, il suo sorriso, la sua vitalità, le sue speranze.
Tutte cose che una macchina non può capire.
La segreteria telefonica si azionò.
“Ginger sono Françoise, rispondimi! Ascolta, sono in un locale sulla Pico, il “Tech Noir”, ti prego, tu e Matt venite a prendermi. Ho paura, hanno ucciso un'altra ragazza con il nome identico al mio e c'è uno che mi segue. La polizia mi sta facendo passare da un centralino all'altro. Vi prego, venite!”
La missione non era conclusa.
La figura armata rinfoderò la pistola e si mise a perquisire i cassetti. Trovò il badge di Françoise con la sua fotografia. Intascò anche un'agenda piena di numeri telefonici.
I dati della missione erano completi.

Il sergente Vukovich passò la cornetta a Traxler.
“E' lei!”
“Miss Arnoux? Sono il Tenente Traxler!”
“Tenente! Non mi interrompa, non mi faccia mille domande e non mi passi un altro dipartimento!”
“Non lo farò, miss Arnoux. Mi ascolti attentamente! Dove si trova?”
“Mi trovo in un locale, una discoteca, il.........”Tech Noir”.......tenente, forse sbaglio, ma ho l'impressione che uno sconosciuto mi segua!”
“Il “Tech Noir”, lo conosco” replicò prontamente Traxler “Si trova sulla Pico. Molto bene, miss Arnoux. Si trova in un locale pubblico, quindi è al sicuro. Rimanga sempre bene in vista, non esca e non vada alla toilette. Le invierò una macchina tra mezzo minuto! Gli agenti saranno in uniforme. Entreranno nel locale. Non appena li vede vada lei stessa verso di loro e dica chi è. Loro sapranno già tutto e la porteranno qui, in centrale. E' tutto chiaro, miss Arnoux?”
“S-sì...grazie tenente....lei è....un tesoro......oh cielo, non so più quello che dico....mi scusi!”
A Traxler sfuggì un sorriso, nonostante tutto.
“Molto bene miss Arnoux. Ora interrompo la comunicazione per inviarle la nostra pattuglia. A fra poco”
“A fra poco tenente”
Françoise riappese.
Avrebbe voluto nascondersi, ma doveva eseguire le istruzioni del tenente Traxler.
Seduto lontano, vide ancora quel ragazzo biondo. Era solo, silenzioso. Non diede segno di far caso a lei.
Françoise andò a sedersi ad un tavolo al margine della pista da ballo. C'era pieno di gente, fra poco la polizia sarebbe venuta  a prenderla. Continuava a spostare lo sguardo dall'ingresso al biondo, che se ne stava assorto al suo tavolo. Chissà, forse si era sbagliata. La paura fa questi scherzi. Comunque il tenente Traxler aveva ragione. Era in un locale pubblico pieno di gente, al sicuro.

La cassiera tatuata continuava a masticare il suo chewing.gum contando l'incasso, quando un gigante paramilitare le passò innanzi, chiaramente indifferente ala sua autorità, che fece prontamente valere.
Con una nota di ubriachezza nella voce, pur essendo sobria, fece intervenire il servizio d'ordine.
“Hey, quello è entrato senza pagare!”
Il buttafuori non era meno imponente dello sconosciuto. Agì prontamente, afferrando una spalla del trasgressore che non si voltò neppure a guardarlo. Si limitò ad appoggiare la sua mano su quella del  buttafuori, che si accasciò al suolo per il dolore.
La cassiera era esterrefatta. Lasciò il suo posto e si chinò sul buttafuori.
La scena fu tanto rapida che quasi nessuno vi fece caso.
Il gigante si mosse lentamente, con apparente indifferenza, fendendo la folla danzante.
Françoise sedeva al tavolo, i capelli incendiati dalle luci psichedeliche, tormentandosi le mani e spostando lo sguardo dal biondo all'entrata. Ogni secondo stava durando anni.
Vide il biondo alzare lo sguardo verso di lei. La stava guardando, ne era certa. Si interessava a lei sola. Decise subito che lo avrebbe segnalato ai poliziotti.
Si voltò nuovamente verso la porta e vide un uomo gigantesco nasconderla con la sua figura.
L'uomo non disse nulla.
Introdusse la mano sotto il giaccone grigioverde ed estrasse una pesante pistola automatica facendola scarrellare con macchinale efficienza.
Françoise immaginò di gridare, ma la voce non uscì.
Immaginò di fuggire a rotta di collo, ma le gambe non si mossero.
“Non è vero.......non è vero........non è vero.......” continuava a ripeterle una disperata voce interiore.
Vide scintillare una stella rossa che nascose il volto dello sconosciuto.
L'uomo armato vide un puntino rosso in mezzo agli occhi della terza Françoise Arnoux.
Doveva trasformarlo in un puntino nero.
La pistola serviva a quello.
Fu allora che il biondo agì.
Fece ruotare la falda del soprabito estraendo il fucile a pompa.
Una ragazza strillò tanto forte da coprire il frastuono della musica.
La folla si aprì quando il biondo spianò l'arma e fece andare la pompa avanti e indietro.
Lo sparo colpì il gigante con la pistola facendogli perdere la mira.
Il puntino rosso si sposto su uno specchio e lo fece esplodere.
La musica cessò, sostituita da grida di terrore.
Il biondo esplose altri quattro colpi a bruciapelo.
Il gigante crollò al suolo.
Françoise rotolò a terra. Il dolore la sbloccò ed i suoi muscoli da ballerina mostrarono tutta la loro agilità. Si unì alla folla impazzita che si accalcava freneticamente all'uscita.
La cassiera corse a chiamare “gli sbirri”.
Il gigante a terra ebbe un breve spasimo e si rialzò. I fori di proiettile sulla giacca testimoniavano la mira efficiente del suo avversario, ma non lo impensierirono. Estrasse una mitraglietta ed esplose verso il biondo una bruciante raffica. Il biondo piroettò oltre il bancone e venne investito da una pioggia di alcool e vetri rotti. Vicino a lui una barista tremava, rannicchiata, il volto nascosto fra le ginocchia.
La raffica cessò.
Il biondo ricomparve fulmineo e fece ancora fuoco.
La raffica lo mancò per miracolo.
Perse l'equilibrio e cercò di strisciare dietro il bancone.
Il gigante tornò al suo bersaglio.
Vide la schiena di Françoise e fece fuoco.
Una ragazza si mise in mezzo.
Era bella.
Un fiore falciato senza ragione.
Il suo corpo senza vita cadde addosso a Françoise trascinandola al suolo.
Cercò disperatamente di togliersela di dosso, ma il gigante si era avvicinato.
“No! Nooo! Perchè? Perchèeeee maledetto.....cosa ti ho fatto.....cosa ti ho fatto??!!”
L'uomo tirò il grilletto, ma ottenne solo un tintinnio metallico.
Premette la leva di sgancio del caricatore, che rimbalzò sul pavimento e venne sostituito da un altro caricatore pieno.
Poi fu la volta della leva di armamento.
Poi fu la volta del biondo.
Il fucile tuonò ripetutamente mentre la pompa andava avanti e indietro ed il biondo avanzava mentre il suo avversario rinculava verso la porta a vetri del locale. L'ultimo colpo gliela fece attraversare spandendo un lago di vetri rotti sul marciapiede.
Il locale ora era vuoto, silenzioso.
L'espressione di Françoise era vuota, silenziosa.
Quella del biondo intensa.
La sua mano si strinse intorno al braccio esile di Françoise.
La sua voce tenorile era vibrante, virile.
“Vieni con me, se vuoi vivere!”
Françoise si voltò verso la porta a vetri sfondata.
Vide il suo aggressore alzarsi, senza mostrare sofferenza.
Si voltò verso il suo salvatore.
“N-non può essere....”
“Vieni!” gridò il biondo, sollevandola di peso.
Françoise si rese conto che non le restava altro da fare.
Si mise a correre al suo fianco.
Finalmente poteva reagire.
I due si precipitarono nel retro del locale ed attraversarono di corsa la cucina. Il biondo sfondò una porta e si ritrovarono a correre in un vicolo buio.
Françoise seguiva quel ragazzo. Lui la teneva per mano, correndo ad una velocità sbalorditiva. Lei, trascinata, adeguò il suo passo a quello di lui, e la consapevolezza di mettere terreno fra sé ed il suo aggressore le metteva le ali ai piedi.
Provò persino una strana euforia quando l'adrenalina diede alle sue gambe una forza che mai avrebbe immaginato di avere.
L'uomo accanto a lei era bello, forte, l'aveva salvata.....provò l'assurdo impulso di baciarlo.....ma doveva restare viva, ogni istante di vita le parve prezioso come non mai, tutto lo sciocco stress della vita quotidiana era stato spazzato via in un lampo. Correre, correre, correre....vivere, non importava per che cosa!
Dietro di loro, a grandi falcate perfettamente bilanciate, tutte della stessa durata, il loro avversario li inseguiva. Non aveva raccolto le armi da fuoco per non perderli. La traccia termica che i due si erano lasciati dietro lo aveva rapidamente portato in quel vicolo. Le telecamere dei suoi occhi inquadrarono i bersagli. Alle loro immagini si sovrapposero rapide tabelle di dati ed algoritmi di automazione.
Sapeva che i suoi bersagli sentivano la stanchezza. Lui no. Li avrebbe raggiunti. Le armi del ventesimo secolo non erano efficaci contro di lui. Non doveva temere il fucile del biondo.
Il biondo aprì la portiera di una macchina e vi spinse dentro Françoise.
“Sali!” le gridò.
Poi, appostandosi dietro la portiera aperta, fece fuoco contro il serbatoio a GPL di un'auto in sosta. L'auto si trasformò in una palla di fuoco. Il vicolo fu nascosto da una barriera di fiamme.
Il biondo si mise alla guida ed accese il motore.
Françoise guardava verso la barriera di fiamme.
Inorridita, vide quell'uomo superarla con un salto sovrumano.
Non  poteva crederci.
Il gigante atterrò sul cofano della loro macchina mentre il biondo faceva retromarcia. Si trascinò fino al parabrezza e lo sfondò con un pugno. Françoise spinse il sedile indietro ed abbattè lo schienale, ma quella mano d'acciaio le afferrò il maglione.
Il biondo fece fare all'auto un testa coda che si concluse contro un'altra auto un sosta.
Il loro inseguitore perse la presa e rotolò lontano.
Il biondo fece fischiare le gomme dell'auto e ripartì con tutta la velocità che l'auto permetteva.
Françoise si volse verso il suo salvatore.
Lo guardò in silenzio, mentre diveniva consapevole della sua situazione.
Era salva, ma nelle mani di un altro sconosciuto, armato e forse pazzo.
Si chiese se fosse davvero salva.
Sapeva solo di essere viva.

         Il Dipartimento di Polizia era stato tempestato di telefonate mentre il panico era dilagato in strada. La Pico si riempì di lampeggianti e sirene. I due agenti inviati da Traxler entrarono per primi al Tech Noir temendo di trovare il cadavere di Françoise. Trovarono una ragazza uccisa con una raffica alla schiena, ma i documenti ne svelarono la diversa identità.
Altri poliziotti sopraggiunsero ed esplorarono il locale con le armi spianate. Trovarono quella povera barista ancora rannicchiata e sotto shock. Udirono un colpo di fucile e si precipitarono nel retro. Videro la porta di servizio del locale sfondata ed il rogo in fondo al vicolo.

Chiamarono i pompieri e segnalarono alla centrale.
I due agenti inviati da Traxler informarono Vukovic che Françoise Arnoux non era fra le vittime della sparatoria al Tech Noir. Neppure i responsabili dell'episodio erano fra le vittime. Descrissero il rogo in fondo al vicolo.
Traxler vi indirizzò subito un'auto.
Un'auto della polizia si stava già dirigendo sul posto proprio in quella direzione e confermò di avere ricevuto l'ordine.
Vide un'auto fare un testa-coda. Aveva un uomo inginocchiato sul cofano. L'uomo vene sbalzato e rotolò sull'asfalto. L'auto fece stridere le gomme e fuggì. L'agente comunicò targa e modello, poi si fermò e scese ad esaminare il corpo esanime.
“Qui 1-L-19. Ho un pirata della strada. Veicolo sospettato ultimo modello 3-8-4 diretto a ovest, percorre la Settima. Va a tutta velocità. Ci servirà un'ambulanza alla Settima e Broadway. Subito!”
Fece per tornare ad occuparsi del ferito ma, esterrefatto, lo vide in piedi davanti a sé, minaccioso.
Fece volare la mano sul calcio della pistola, ma lo sconosciuto lo afferrò alla spalla con rapidità sovrumana e lo stordì facendogli battere la testa contro il montante della portiera e lo lanciò lontano, con indifferenza.
Si mise al posto di guida dell'auto della polizia e iniziò a perlustrare la zona.
Dalla trasmittente dell'auto provenne un'efficiente voce femminile.
“Centrale a 1-L-19! Centrale a 1-L-19! !-L-19, rispondi!”
Gli occhi cibernetici esaminarono l'apparato radio riconoscendolo.
Con gesti rapidi e sicuri l'uomo rispose imitando perfettamente la voce dell'uomo che aveva stordito.
“Qui 1-L-19. Sono a ovest, sulla Olympic. Mi avvicino a Overland. Sono in cerca della vettura sospetta, chiedo rinforzi”
“Ricevuto 1-L-19”

“Tieniti forte! Ti hanno colpita?”
Françoise scosse freneticamente il capo in un cenno di diniego”
“Fai esattamente come ti dico! Non ti muovere se non te lo dico. Non parlare se non te lo dico. Hai capito bene? Hai capito bene!?”
Françoise lottava contro le lacrime.
Parlò a strappi, soffocata dall'affanno.
“S-sì....sì...per favore. Ti prego! Non farmi male!”
“No! Non te ne farò! Sono qui per aiutarti! Io sono Joe, Joe Shimamura. Sergente Tech-Com DN38416 incaricato di proteggerti. Hanno deciso di terminarti!”
“Ma come....cosa.....c'è uno sbaglio....io non ho fatto niente”
“No...non ancora, ma lo farai. E' molto importante che tu viva”
Françoise lo guardò stupefatta.
Proteggerla? Cose che avrebbe fatto?
“Senti....se dici di volermi aiutare lasciami ad una stazione di polizia......”
“No! Sarebbe la fine per te, loro non sanno....non possono sapere”
“Ma cosa, cosa?! Senti, chi era quell'uomo....come ha potuto rialzarsi dopo che tu......”
“Non è un uomo, è una macchina. Un Terminator. Modello sistemi cibernetici 1-0-1.
“Una macchina? Intendi dire un robot?”
“Non un robot, un cyborg. Tessuto umano su endoscheletro metallico robotizzato ad intelligenza artificiale”
“Non è possibile, perdeva sangue!”
“Tieni giù la testa!”
La prese per i capelli e la fece stare giù. Le fece male. Anche a lui fece male. Le lasciò andare la chioma, ma con riluttanza. Quei capelli, serici, profumati, delicati.....meritavano carezze, non strattoni. Maledetta la guerra, le macchine, la stupidità umana, il potere.......e, maledizione, perchè era così bella?
Lei si abbandonò sullo schienale, esausta.
Tremava.
Lui si sentì un mostro. Lei lo temeva....no......maledizione.....avrebbe voluto abbracciarla e lei lo temeva.
Le parlò con più calma, rendendosi conto del trauma che stava subendo. Voleva rincuorarla, farle capire.
“Okay, ascolta: i Terminators sono delle unità d'infiltrazione, parte uomo e parte macchina. Sotto hanno una chassis da combattimento in superlega controllato da un microprocessore totalmente blindato, fortissimo. Al di fuori, però, hanno un normale tessuto umano vivo. Unghie, capelli, sudore, alito, sono perfetti in tutto!”
“Senti, Joe...”
Lo aveva chiamato con il suo nome.....
“Grazie” la interruppe lui.
“Eh, come?” replicò lei, non comprendendo quella parola di gratitudine.
“Grazie per avermi chiamato Joe”
Lui per un'istante abbandonò la sua grintosa frenesia e le mostrò la sua vera espressione.
Françoise lo guardò senza parole. Quel bruto che la terrorizzava era diventato un angelo. Come poteva il volto di quel ragazzo tanto gentile.......
Françoise sentì uno strano calore scioglierle le membra.
Lui distolse gli occhi da lei, con riluttanza. Dio mio, quelle labbra di corallo, appena dischiuse, quel seno delicato scosso dall'affanno........non poteva lasciarsi andare. Avrebbe significato renderla preda del Terminator. Il suo avversario era una macchina implacabile, perfetta, quasi indistruttibile, con le armi di quel periodo. Non esistevano armi al plasma, in quel tempo.
Udì una sirena e vide nel retrovisore una luce lampeggiante, rossa e blu.
Sterzò in un vicolo laterale, fece andare all'aria tre pattumiere, sfondò la sbarra di un parcheggio e fece un pezzo contromano evitando due automobili.
“Se è così che vuoi salvarmi..”
Joe notò una sfumatura altera nella sua voce.
Aveva coraggio, la piccola.
La guardò con approvazione, dedicandole un sorriso a labbra strette.
“Bene, hai smesso di tremare. Tira fuori il tuo coraggio. Da ora in poi dovrai essere più forte di quanto tu non sia mai stata”
Un'altra sirena.
Sterzò bruscamente ed entrò nel grande parcheggio sotterraneo di un complesso residenziale.
Parcheggiò e fermò l'auto.
L'auto della polizia tirò dritto, ma solo come diversivo. L'inseguito aveva un'ostaggio. Gli agenti a bordo riconobbero la targa ed avvisarono la centrale. Non potevano sapere che una delle loro unità era nelle mani di un Terminator.
“Qui 1-L-23. Auto sospetta individuata.....”
Il tenente Traxler fece convergere dieci unità nella zona e diede ordine di agire isolando il complesso e riferendo sulla situazione. La terza Françoise non doveva morire.
“A tutte le unità, a tutte le unità. Veicolo sospetto connesso alla sparatoria al Tech Noir individuato in un parcheggio sotterraneo fra la quarta e Broadway, numero 1263. Tutte le unità si rechino sul posto”
Il Terminator accusò il ricevuto, fece una brusca inversione ad “u” e si diresse verso Broadway.

“Okay, ascolta, dobbiamo lasciare quest'auto” Scese e la trascino fuori dalla portiera del guidatore. Mantenne la sua stretta sul braccio di lei. Scelse una robusta station-wagon, ruppe il vetro del guidatore, la spinse dentro e salì a sua volta bloccando la chiusura. Lei non tentò di fuggire. Temeva il fucile. Per il momento era via e comunque, via via che il suo organismo si adattava alla paura, la sua mente riprendeva lucidità. Quel ragazzo.........sarebbe stato facile dargli del pazzo, quella storia del Terminator poi.....ma lei stessa lo aveva visto rialzarsi dopo essere stato colpito dieci volte....e Joe aveva davvero rischiato la vita per lei....se non ci fosse stato lui....
“Senti, dimmi la verità, cosa c'entri tu con quel pazzo che voleva uccidermi?”
“C'entro con lui ed anche con te. Ascolta, le prime unità d'infiltrazione, i 600, avevano una pelle diversa, era di gomma e si vedeva. Questi sono nuovi, hanno tutto, io stesso l'ho riconosciuto solo quando è venuto verso di te”
“Senti, io non sono così stupida come credi. Non si possono ancora fare cose del genere!”
“Non ancora, non per altri trent'anni!”
“Stai dicendo che è una cosa del futuro?”
“Di un possibile futuro, almeno dal tuo punto di vista, non so molto di meccanica temporale”
“E come fa quel Terminator ad essere qui?”
“Nello stesso modo in cui ci sono io”
“Ah, sì? Con una macchina del tempo?” chiese lei con apparente indifferenza.
“Una specie”
“Ah, ecco!” fece lei disinvolta, poi, fulminea, aprì la centralizzata e fece per slanciarsi fuori dalla macchina, ma lui la afferrò per il maglione. Lei gli affondò i denti nella mano. Lui le tirò i capelli tanto forte da costringerla a mollare la presa. Lei cedette nuovamente alla paura e pianse. Aveva la labbra sporche del sangue di Joe.
“Non lo fare mai più! Le macchine non sentono dolore, io sì”
“Lasciami andare...”
“Ascolta, e cerca di capire. Quel Terminator è là fuori. Non si può patteggiare con lui. Non si può ragionare con lui. Non sente paura, né pietà, né dolore, né stanchezza. Non deve mangiare. Non deve dormire. Non smetterà mai di inseguirti, mai!”
“E tu puoi fermarlo?”
“Non lo so...........con queste armi davvero non lo so”
Mentre parlava ruppe la plastica dell'albero dello sterzo e scoprì i cavi del circuito di accensione. Li collegò ed accese il motore. Il serbatoio era quasi pieno.
“Senti” disse lei, colpita “Perchè vuole me?”
“C'è stata una guerra nucleare....o meglio, per te ci sarà fra qualche anno. Fu provocata dai computers. Progetto Black Ghost., un network di computers per la difesa, nuovi, potentissimi, allacciati a tutto, capaci di interagire come un solo super computer. Un nuovo ordine di intelligenza che prese a considerare tutti gli uomini come una minaccia e non solo quelli del blocco orientale. Fu così che, in pochi microsecondi decisero il nostro destino. L'eliminazione della minaccia. I sopravvissuti si nascosero come topi fra le rovine. Molti vennero rastrellati dai KC ed avviati ai campi di lavoro.”
“KC?”
“Killer Cacciatori, carri armati ad intelligenza artificiale, senza equipaggio, autonomi, costruiti in serie all'interno di fabbriche sotterranee automatizzate. Io per lungo tempo mi nascosi, ma non bastò. I KC andavano giorno e notte e cercavano i sopravvissuti con i sensori termici. Finii in un campo di lavoro. Guarda, questo è stato bruciato da un laser-scanner”
Françoise gli guardò l'avambraccio. Vide un codice a barre fosforescente. Le barre davano una forte impressione di tridimensionalità, come se si trattasse di ologrammi. Non era un semplice tatuaggio, questo era certo.
“Eravamo stanchi, abbattuti, avviati all'estinzione, quando un giorno il filo metallico del reticolato del campo dove ero prigioniero venne squarciato da un'esplosione. Era iniziata la Resistenza. La guidava l'uomo che mi ha inviato qui. Jean Arnoux, Françoise. Tuo figlio che non è ancora nato”
Françoise era senza parole.
Joe diede un guizzo e le mise una mano sul capo.
“Giù!”
Lei obbedì.
Due macchine della polizia entrarono nel parcheggio. Dai finestrini, le torce iniziarono a spazzare metodicamente la penombra. Altre due le seguirono. Trovarono la macchina che Joe e Françoise avevano abbandonato.
Joe stava meditando convulsamente sul da farsi quando si rese improvvisamente conto di non averne più il tempo.
Una macchina della polizia uscì all'improvviso alla scoperto e si bloccò di colpo facendo fischiare i freni. L'uomo al volante spianò un fucile a pompa e fece fuoco sfondando il suo stesso finestrino. Il proiettile bucò lo schienale del sedile di Françoise. Joe premette l'acceleratore a fondo facendo fumare i pneumatici e si diresse a tutta velocità verso una delle uscite.
“Tieni il volante!” gridò a Françoise che obbedì co il coraggio della disperazione.
Joe si sporse con il fucile spianato verso l'inseguitore e fece fuoco.
Il colpo bucò il parabrezza indicando che il colpo era andato a segno, ma senza esito.
Il Terminato si portò su un passaggio parallelo e fece ancora fuoco.
Joe rispose.
Le auto della polizia stavano sopraggiungendo.
Joe scorse un'insperata via di fuga.
Il parcheggio era collegato con un viadotto sotterraneo. Vi si lanciò a rotta di collo.
Dietro di lui, il Terminator e dietro ancora la polizia.
Dal retrovisore, Joe vide il viadotto riempirsi di lampeggianti rossi e blu.
Il Terminator si affiancò e fece fuoco.
Il colpo li mancò entrambi per un vero miracolo.
Joe fece ancora fuoco e colpì in Terminator al viso. Il proiettile si conficcò in un'occhio.
La macchina guidata dal Terminator sbandò e Joe la urtò di proposito.
Poi si sentì gelare il sangue.
Françoise gridò, terrorizzata.
Una pesante barriera con segnali di lavori in corso sbarrava la strada.
L'auto del Terminator si schiantò contro di essa. Joe Premette il pedale del freno con tutte le sue forze e vi aggiunse il freno a mano. L'auto fece tre testa coda ma rallentò e sbattè la fiancata contro il muro.
Le auto della polizia si misero di traverso e gli agenti, riparati dalle macchine, spianarono le armi.
Joe impugnò il fucile e fece per correre verso il Terminator. Agiva quasi delirando. Fu Françoise a mantenere il controllo.
“No, non andare Joe! No! Ti uccideranno!”
Joe la guardò e lasciò il fucile.
“Tu, nella Cadillac! Fai vedere le mani!Esci fuori adesso! Ora in ginocchio! Adesso a terra!”
Joe obbedì e venne ammanettato.
Non voleva rischiare la vita di lei.
Lei veniva prima di tutto.
Françoise uscì con le mani in alto.
“Non sparate! Non sparate!”
Due poliziotti corsero verso la macchina di pattuglia che avevano visto finire contro la barriera.
Al volante non c'era nessuno.

Françoise si strinse addosso la coperta.
Tremava.
Vide un uomo di colore, corpulento, dall'espressione gentile e paterna.
“Miss Arnoux, sono il Tenente Traxler”
L'uomo le porse un the caldo.
Françoise obbedì e gli sorrise.
Sentiva di potersi fidare di quell'uomo.
“Lei è l'uomo con cui ho parlato al telefono?”
“Sì, miss Arnoux”
“Lei è....diverso da come mi sono sempre immaginata un poliziotto....è così umano....”
Traxler sorrise, divertito da quella frase, pronunciata da quel viso incantevole”
“Sa, Miss Arnoux, non siamo i mostri che sembriamo, a parte il sergente Vukoviç”
“Grazie, Ed!” replicò Vukoviç.
Françoise dedicò un sorriso anche a lui.
Un agente entrò  e porse un dispaccio a Traxler.
Il tenente lo lesse e la sua espressione si fece grave.
Guardò Françoise, indeciso se dirglielo subito, ma decise subito dopo.
Porse a Vukoviç il foglio e si sedette di fronte e Françoise.
“Miss Arnoux.......”
“Mi chiamo pure Françoise” rispose lei, inaspettatamente.
“Bene, mia cara Françoise, purtroppo devo darle una brutta notizia. L'uomo che ha attentato alla sua vita era già passato dal suo appartemento...”
“No! Ginger! Matt! No, no, mi dica che non è vero; la prego”
“Mi dispiace, miss Arnoux”
“Senta, siete sicuri che siano proprio loro? Forse dovrei vedere i loro corpi...”
“Sono stati identificati, non ci sono dubbi” disse Vukoviç.
Françoise pianse come una bambina, senza ritegno.
“Oh oh....Ginger, oh....cara, Matt, perchè, perchè....bastardo, bastardo!!”
Traxler e Vukoviç la lasciarono piangere.
Lo fecero tenendosi a rispettosa distanza, il capo leggermente chino. Il loro rispetto era sincero. Erano brave persone, anche se a volte un po' rudi.
Françoise parve calmarsi.
Traxler si fece avanti e le parlò con quel tono che a Françoise infondeva serenità.
“Françoise, questo è il Dottor Silberman”
“Ciao, Françoise” fece il nuovo arrivato, un uomo di mezza età dall'aria sveglia e stravagante.
Traxler proseguì.
“Vorrei che lei riferisse al Dottor Silberman tutto ciò che Shimamura le ha raccontato. Se la sente?”
“S-sì” replicò lei.
Si avvolse nella coperta e si sistemò comoda sulla poltrona. Vukoviç le passò un altro the ed il dottore ascoltò il suo racconto.

“Ecco, guardate!”
Il Dottor Silberman indicò il monitor.
Joe, ammanettato dietro la schiena, sedeva ad un tavolo da interrogatorio, scortato da due agenti. Silberman aveva parlato anche con lui e quella era la registrazione.
“Così lei sarebbe un soldato”
“Sì, esatto!”
“E per chi combatte?”
“Con il reparto 1-32, al comando di Perry, dal '21 al '27”
“Ah, parliamo dell'anno 2027!”
“Appunto. Poi sono stato assegnato al settore di ricognizione. Gli ultimi due anni sotto Jean Arnoux.”
“E chi era il nemico?”
“Black Ghost!”
“Ah, facevate la guerra agli spettri?”
“No! Black Ghost è il nome in codice di un sistema computerizzato di difesa realizzato dalla Cyberdyne per il Sac-Norad”
“Capisco, e questo........computer crede di poter vincere la guerra tramite un aborto retroattivo....inviando un Terminator ad eliminare la madre del suo nemico”
“Esattamente!”
“E, mi dica, perchè tutto questo complesso piano con il Terminator? Non potevano eliminare Arnoux nel vostro presente?”
“Non sarebbe servito. Stavamo vincendo noi, la loro difesa era spaccata! Eliminare Arnoux a quel punto non avrebbe fatto differenza!”
“E' stato a quel punto che lei si è impossessato del laboratorio con il......”Silbermann consultò i suoi appunti”Modulo di Traslazione Temporale ed ha rincorso qui il Terminator”
“Era  l'unico modo. Non individuammo in tempo il laboratorio, Il Terminato fece in tempo a partire, io  mi offrii volontario per inseguirlo”
“E come conta di tornare?”
“Non posso tornare. Mi occorrerebbe la stessa tecnologia. Rimarrò qui, ormai, e ci rimarrà anche lui”
“Perchè non le mandano rinforzi?”
“Le macchine avranno fatto saltare il laboratorio per impedirlo, sicuramente”
“Giusto!” replicò Silberman “Ma, mi dica, dato che deve battersi contro un.....cyborg......perchè non ha portato con sé qualche arma dal futuro, non so, un fucile laser?”
“Il Modulo di Traslazione Temporale trasporta solo cose vive”
“Come mai?”
“Non lo so! Ha qualcosa a che vedere con il campo magnetico generato da un organismo vivente” Joe era esasperato, si rendeva conto che l'uomo di fronte a lui non credeva ad una sola parola e gli dava ragione nel modo usato con i malati di mente “Non ho progettato io quella maledetta macchina!”
“E quel cyborg ha uno scheletro di metallo....”
“Rivestito di tessuto vivente....lei non mi crede, vero?”
“Oh, no, le credo. E, mi dica: perchè le altre due donne omonime sono state uccise?”
“Gli archivi andarono distrutti durante la guerra. Il Black Ghost conosceva solo il nome e la città. Il Terminator ha agito sistematicamente. Senta, ho risposto a tutte le sue domande, ora devo vedere Françoise Arnoux! Fatemela vedere!”
“Mi dispiace, ma non è possibile!”
Joe si rivolse alla telecamera.
“Tenente Traxler! Mi ascolti! Voi non potete proteggerla! Verrà a prenderla anche lì, la alzerà da terra con una mano e le estrarrà il cuore! Ascoltami! Lasciatemi! Voi non sapete! Non sapete!!”
Silberman, quello vero, si volse verso Traxler.
“Fantastico! Io con questo ci faccio carriera. Solitamente le visioni paranoiche sono intricate, ma questo è un'artista! E che arguzia! Tutto il discorso è congegnato in modo da  eludere qualsiasi richiesta di prova. E che lucidità! Non cade mai in contraddizione!”
Françoise si volse verso il Tenete Traxler.
“Voi non gli credete, vero?”
“Tecnicamente parlando, è svitato” fu il commento di Silberman.
Traxler non scherzò.
“Lei gli deve la vita, ma come possiamo prestargli fede?”
“Tenente, ascolti.....ho visto con i miei occhi quell'uomo rialzarsi dopo essere stato colpito più volte”
Traxler aprì un'armadio e ne tornò con un pesante giubbotto imbottito senza maniche di colore blu scuro.
“Vede, miss Arnoux? Questo è un giubbotto antiproiettile. Lo tocchi. Ferma anche proiettili di grosso calibro. Il suo aggressore ne avrà indossato uno sotto la giacca”
“E quando ha sfondato il parabrezza dell'auto con un pugno?”
“Probabilmente sarà stato drogato” intervenne Vukoviç “Si sarà rotto tutte le dita della mano. Non sentirà il dolore per ore”
Françoise si mise a riflettere.
Riconobbe che quelle spiegazioni erano decisamente più logiche della storia del Terminator, eppure una parte di lei sentiva istintivamente che quel ragazzo biondo era sincero, e sentiva anche che quel ragazzo.......Françoise ripensò ai suoi occhi azzurri, all'adrenalina in corpo mentre fuggiva insieme a lui, alle sue braccia forti......maledizione, stava immaginando di baciarlo senza ritegno, come una svergognata, stava immaginando di sbottonarsi la camicetta e.....le sue mani......
“Dio mio” disse a se stessa “Attenta, Fran....attenta......sei viva per miracolo.......attenta....”

Uscendo dalla stazione di polizia, il dottor Silberman incrociò uno sconosciuto.
Non gli prestò attenzione.
Era normale incontrare qualche tipo stano in quel luogo e a quell'ora.
Lo sconosciuto entrò e si rivolse al piantone all'ingresso.
“Buonasera”
“Buonasera” replicò l'agente, intento a fare annotazioni su un registro “Desidera?”
“Sono un amico di Françoise Arnoux. Sono venuto a prenderla.”
“Sta facendo una deposizione, ci vorrà ancora un bel po'. Se vuole attendere, sieda lì”
“Aspetto fuori”
Lo sconosciuto uscì con la sua andatura macchinale e si diresse verso un grosso fuoristrada.
L'agente vide esterrefatto il fuoristrada lanciarsi verso i gradini dell'ingresso, schiacciò il pulsante dell'allarme ed estrasse il revolver sparando al parabrezza dell'auto. Il colpo andò  a segno, ma inutilmente.
Il muso del fuoristrada sfondò la vetrata e travolse la scrivania. L'agente, travolto dai vetri, non riuscì ad evitare l'impatto.
Impassibile, lo sconosciuto impugnò con una mano un mitra e con l'altra un fucile automatico.
Sfondò una porta con un calcio ed entrò all'interno della stazione.
I poliziotti accorsero.
Lo sconosciuto fece fuoco con rapidità ed efficienza impressionante.
Due agenti caddero.
Uno fece fuoco e lo colpì.
Il Terminator si limitò a sobbalzare e rispose al fuoco.
L'agente riuscì a salvarsi per un soffio.
Un altro poliziotto comparve e fece fuoco tre volte.
Una andò a segno, ma anche lui cadde. 
Poi il gigante si avvicinò ad un portello metallico e lo scardinò. Nascondeva il quadro di controllo di un impianto elettrico.
Incurante della scossa, strappò un cavo con uno scoppio di scintille e lo mise a contatto con il quadro, mandandolo a massa. Tutte le luci si spensero, facendo piombare il labirinto di corridoi e uffici nel buio. Buio per gli esseri umani, non per un Terminator.
Il Sergente Vukoviç non perse tempo. Come vide le luci spegnersi, accese una piccola torcia a spilla ed accese l'impianto di emergenza. I corridoi vennero illuminati da una fioca luce azzurra, resa nebbiosa dal fumo degli spari.
Françoise era terrorizzata. Non riusciva a credere che quell'uomo potesse cercarla affrontando da solo un'intera stazione di polizia.....a meno che non si trattasse realmente di un uomo.....possibile che quella storia pazzesca.....
Traxler accorse.
Si rivolse a Françoise”.
“Lei rimanga qui!”
Poi corse ad un armadio, lo aprì con la sua chiave e ne estrasse un fucile d'assalto. Ne diede uno a Vukovich. I due uscirono, chiudendo a chiave la porta alle loro spalle, e si diressero verso i lampi e gli spari.
I tamburi dei revolver Colt Python degli agenti ruotavano emettendo tuoni, ma invano.
“E' un terrorista!”
“Fuoco!”
“Sparate!”
“Sei ferito?”
“Sparate! Sparate!”
Un forte odore di bruciato iniziava a riempire l'aria. Un'incendio.

Joe era chiuso in un stanza insieme a due poliziotti. Era in attesa di essere trasferito al penitenziario. Uno dei suoi sorveglianti decise di dare man forte ai colleghi. L'altro, che aveva la chiave, gli aprì.
“Sorveglialo!” gli disse il collega, prima di correre verso la zona della sparatoria.
“Ok” rispose l'altro.
Commise l'errore di dare le spalle a Joe.
Joe ne approfittò. Sebbene ammanettato dietro al schiena, tramortì l'agente sferrandogli un calcio. Poi, inginocchiandosi, riuscì ad afferrarne il mazzo di chiavi ed iniziò a provarle sulle manette, imponendosi la calma.
Non appena libero, prese la pistola dell'agente e corse nel corridoio.
Doveva trovare Françoise.

Françoise si sentiva già morta.
Spari, grida, fumo....un uomo solo non poteva fare questo.
“Joe!” pensò.
Avrebbe preferito che non la chiudessero a chiave lì dentro.
Quella storia del Terminator era vera...........la polizia non poteva proteggerla.....non sapeva....solo Joe avrebbe potuto salvarla.
La porta aveva un vetro.
Inorridita vide una sagoma umana nera stagliarsi contro di esso.
Si rannicchiò sotto una scrivania e chiuse gli occhi. Attese il colpo, almeno sarebbe finita.
Sentì il vetro della porta rompersi.
“Françoise, sei qui? Sono Joe!”
“Joe!!!!” gridò lei.
Gli corse incontro.
Lui le disse di farsi da parte e fece saltare la serratura con un colpo di pistola.
Entrò nella stanza.
Lei lo abbracciò con foga e lo guardò negli occhi con intensità bruciante.
Poi appoggiò le labbra sulle sue.
Joe rimase di sasso.
“Cosa...tu....cosa fai?”
“Chi se ne frega” replicò lei “Portami via, salvami!”
Joe la trascinò al suolo.
La raffica del Terminator andò  a vuoto.
Poi la raffica del Tenente Traxler colpì il Terminator mandandolo a terra.
Il tenente si fece avanti, convinto di avere abbattuto l'avversario. Non sapeva.
Venne colpito alla spalla e ricadde dentro la stanza.
Françoise lo riconobbe.
“No! Tenente!”
Traxler la riconobbe.
Vide anche Joe.
Traxler lo guardò.
“Scappate” disse con voce sofferente.
“No, Joe, aiutiamolo......”
“Scappate.....mi fingerò morto......Joe, ascolta......quel maledetto non deve averla...io....quello là fuori non è un uomo.....salvala...”
“Lo farò....grazie”
Françoise aveva le lacrime agli occhi, ma doveva farsi forza.
“Grazie tenete.....io....buona fortuna!”
Il Terminator si era rialzato.
Vukoviç lo tempestò di proiettili. Lo aveva visto colpire il suo amico. Non lo avrebbe fermato per molto.
Joe prese il fucile d'assalto di Traxler e sfondò una finestra.
Fece saltare Françoise, poi fece altrettanto e corsero via, sul prato. Attraversarono la strada e si lanciarono di corsa attraverso giardini pubblici poco illuminati. Discesero una scala e percorsero un vicolo buio.
Dietro di loro, l'incendio cresceva.
Alcune sirene stavano sopraggiungendo.
Vukoviç era stato ferito ad una gamba. Sentì le sirene dei soccorsi.
Il Terminator lo ignorò e uscì dalla stazione.
L'aveva girata tutta.
I bersagli non erano più lì.
Aveva in tasca l'agenda trovata nell'appartamento di Ginger e Françoise. Gli sarebbe servita per mettere in atto la sua strategia secondaria.

Joe fermò l'ennesima auto rubata nel parcheggio di un motel.
“Fai tu, sei più esperta”
“Ok, hai dei dollari?”
“Tieni, bastano?”
“Come fai ad averli?”
“Lasciamo stare”
“Vieni, andiamo alla cassa”
“Buonasera signori” disse il cassiere e custode”
“Buonasera, avete una stanza per due?”
“Con la cucina!” intervenne Joe.
“Sì, signora, con la cucina....vediamo....sì, stanza 24....sono diciotto dollari a notte”
“Ok, per due notti”
Françoise pagò e prese la chiave.
La stanzetta era confortevole ed il letto a due piazze.
Françoise vi si lasciò cadere voluttuosamente.
“Ok, fai pure la doccia”
Lui fece per uscire.
“No, non andartene, basta che non ti volti......non lasciarmi sola”
Joe parve visibilmente imbarazzato. Arrossì un poco.
Lei lo guardò divertita.
“Dopo averti visto in azione non immaginavo che potessi essere timido con una donna.....”
“Non sono mica un barbaro”
“Lo so.....ti prego, resta, faccio presto”
Joe fece di tutto per non voltarsi e ci riuscì.
Poi sentì l'acqua scorrere.
“Occhio non vede.......mente immagina” pensò Joe, maledicendo quella parte di se stesso che non poteva controllare.
Si era ripromesso di non cadere in questo genere di tentazione con lei, ma quel bacio....quel corpo delicato, caldo, palpitante di passione..........
Lei uscì dalla doccia avvolta in un asciugamano e si rivestì, poi si avvicinò a Joe toccandogli una spalla.
“Voltati pure, tocca a te! Oh!”
Françoise vide una chiazza rossa sulla sua mano.
“Ma tu.....tu sanguini!”
“Non è niente.....”
“Come sarebbe non è niente?”
Corse alla cassetta del pronto soccorso e tornò da lui.
“Togliti la maglia, oh, cielo!”
Joe obbedì, con un grido soffocato di dolore.
Lei prese un batuffolo di cotone e, con mani tremanti, vi versò del disinfettante.
“Oh cielo, presto, prima di vomitare...ecco, sto tremando......ed io sarei la leggendaria madre del vostro comandante? Guarda, tremo! Mi immaginavi così? Se eri in cerca di una guerriera sappi che non so neppure riempire una distinta in banca!”
Con visibile sforzo, prese a pulire la ferita.
“Parlami!”
“Di cosa?”
“N-non so......di mio figlio!”
“E' alto all'incirca come me, ha i tuoi stessi occhi....ispira una grande fiducia. Ci si può fidare di Jean Arnoux....è biondo anche lui”
“Ah, e suo padre?”
“Non si sa molto di lui, se non che......”
“No! Aspetta! Non voglio saperlo!”
Fran iniziò a bendargli il braccio.
Quando ebbe finito rimirò la sua opera.
“Ecco fatto! Va bene?”
Joe la guardò con approvazione.
“E' una buona fasciatura.”
“E' la prima che faccio” si schermì lei.
Joe le sorrise. Era incantevole, la Leggenda.
“Sai, Françoise, tuo figlio mi ha fatto imparare a memoria un messaggio per te”
“Dimmelo!”
“Grazie, Françoise, per il tuo coraggio negli anni oscuri. Io non posso aiutarti in quello che presto dovrai affrontare, se non dicendoti che il futuro non è deciso. Tu devi essere più forte di quanto immagini tu possa essere. Tu devi sopravvivere altrimenti io non potrò esistere”
“Grazie, Joe.....vai, tocca a te”

Dopo aver lasciato la stazione di polizia, il Dottor Silberman era rientrato all'Università. La mattina dopo, nella mensa, raccontava il caso di Joe Shimamura. Quando parlò di progetto Black Ghost, un'anziano cibernetico, il Professor Isaac Gilmoure, manifestò un'improvviso interesse. Silberman gli narrò il racconto di Joe e si rese conto che il suo interlocutore non aveva affatto un contegno divertito.
“Ne siete certo, ha detto proprio Black Ghost ed ha parlato di cyborg?” gli chiese il Professor Gilmoure parlandogli a quattr'occhi.
“Assolutamente! E' pazzo!”
“Potrei parlargli?”
“Perché?”
“Forse non è pazzo come sembra”

Mentre Joe era sotto la doccia, fu lei a dover resistere alle tentazioni.
“No....sei pazza.....no....che fai.......” diceva a se stessa
Sentiva la morte vicina, quel Terminator che nulla sembrava fermare......voleva essere abbracciata, voleva vivere intensamente, voleva.....amore.......almeno qualche breve istante di felicità disperata......e c'era lui......
Quando Joe uscì dalla doccia fu stupefatto nel vedersela di fronte.
Si coprì con l'asciugamano e la guardò.
“Joe, dimmi la verità....perchè sei voluto tornare indietro nel passato? Perchè, sapendo che avresti perso il tuo mondo per sempre? Pensavi di non avere nulla da perdere?”
Joe la guardò ed abbassò lo sguardo....colto alla sprovvista, non riuscì a mentire.
“Non posso dirtelo....io e Jean siamo amici.....io....”
“Parla! Che soldato sei se hai paura?”
“Non posso, non chiedermelo più, ti prego!”
“Voglio la verità! Dopo tutto quello che abbiamo passato e che passeremo, voglio la verità!”
Joe la guardò. Quegli occhi azzurri dalle lunghe ciglia, quel volto bellissimo e disperato vinsero.
“Tuo figlio mi fece vedere una tua foto. Eri giovane come lo sei ora, avevi un'aria assorta e un po' triste. Quando ho visto il tuo volto, mi sono reso conto di non aver visto nulla di altrettanto bello nella vita d'inferno che avevo fatto fino ad allora....feci una copia di quella foto e spesi giorni e giorni a contemplarti, a cercare di indovinare i tuoi pensieri, ad immaginare il suono della tua voce......poi, quando fu necessario tornare indietro per proteggerti, mi resi conto che era anche il solo modo per incontrarti.......io ti amo, maledizione, ti amo da sempre, non so perchè........ma, giunto qui....mentre ti pedinavo, ho capito che non era giusto”
Françoise tremava dallo stupore. Una lacrima silenziosa le solcò il volto.
Al termine di quella sconvolgente confessione, Joe si scostò da lei.
“Basta! Non avrei dovuto dirtelo, perdonami. Sei anche la madre del mio migliore amico......non parliamone più”
Françoise si avvicinò e gli carezzò il volto.
“No!” fece lui “non farlo!”
Lei non gli rispose. Lo baciò sulla guancia.
“No, ti prego!”
“Se mi resta poco da vivere, voglio vivere così” disse lei, con voce sommessa.
Si sbottonò la camicetta e fece per abbracciarlo ancora.
Lui alzò le mani per respingerla ed incontrò il suo seno.
Lei lo baciò ed entrambi si lasciarono cadere sul letto.
Lui le tolse gli abiti, ma con tenerezza. Lei piangeva di gioia, ma una gioia disperata.
Neppure la minaccia del Terminator rovinò quella notte incantata.

         “No, mamma! Non posso dirti dove mi trovo”
Françoise stava parlando al telefono. Aveva chiamato lo chalet di montagna dei suoi genitori. A casa non li aveva trovati, e no pensava di trovarli neppure lì. Fu un poco sorpresa di sentir rispondere sua madre. Solitamente ci andavano in altri periodi dell'anno.
“Davvero, mamma, non posso!”
La voce all'altro capo insistette.
“Ok, e va bene!”
Françoise le diede l'indirizzo.
All'altro capo del telefono non c'era sua madre.

Joe rientrò con le borse della spesa.
Contenevano cibo e prodotti chimici di vario genere, oltre a tubi metallici ed attrezzi.
“Naftalina, sciroppo di mais, ammoniaca, manganese.....a cosa servono?”
“Ad ottenere del plastico, una base alla nitroglicerina, un poco più stabile. Avremo armi più efficaci.”
“Devi avere avuto un'infanzia molto divertente”
I due si misero al lavoro.
Françoise imparava in fretta. Prese a confezionare candelotti su candelotti.
Joe la osservava, un poco divertito. Lei pareva un poco imbarazzata. Era uno strano momento di felicità quotidiana.
Fran era contenta di fare qualcosa. La faceva sentire più sicura. Finora era solo fuggita dal pericolo, ora lo stava affrontando.
L'ora era tarda quando finirono.
“Io dormo per primo, tu fai il primo turno di guardia” le disse Joe.
“Ok” fece lei.
Avrebbe voluto coricarsi con lui, ma sapeva che il Terminator non si fermava mai, e che stava continuando a cercarli. La notte precedente erano talmente stanchi ed esasperati da correre il rischio, ma non potevano permetterselo una seconda volta.
Fran aveva un revolver nella cintura.
Guardò i loro bagagli e le borse con le armi e le bombe.
Che razza di luna di miele.
Joe si addormentò pensando ai cani.
I cani si infuriavano in presenza dei Terminators.
I cani........
Di nuovo la metropoli in rovina.
Stava guardando ancora quella foto. La ripose nell'uniforme.
La trasmittente nell'elmetto comunicò l'ordine di rientro.
“Mike-mike-pentafive codice 8501 rientro – rientro – attenzione attività aerea nemica zona est – servirsi tunnel 4.
La pattuglia obbedì e scese in una vecchia galleria della metropolitana.
Cinque uomini.
Indossarono i visori agli infrarossi. Il buio divenne un quadro rosso e nero, un poco tremulo. C'erano abituati.
Scesero di livello e camminarono attraverso un condotto di manutenzione.
Giunti di fronte ad una porta d'acciaio, Joe inserì un tessera magnetica in una crepa del muro e pronunciò la parola d'ordine. Entrarono nel bunker, passando davanti ad una muta di cani legati.
Joe passò oltre e si guardò intorno.
Camerate di soldati stanchi, recinti per i bambini, profughi laceri, piccoli laboratori di manutenzione.....un villaggio sotterraneo ove ogni cosa veniva sfruttata, anche ogni minimo spazio.
All'improvviso i cani si infuriarono.
Joe sentì gridare “Terminator!” e fece appena in tempo a voltarsi per vedere uno dei soldati che erano insieme a lui spianare la mitragliatrice al plasma ed uccidere che aveva gridato.
La mitraglia continuò a sparare spazzando tutto il bunker e provocando un'inferno di fiamme.
Joe sparò e lo mancò.
Si buttò a terra e fece ancora fuoco, stavolta a raffica.
Lo colpì al braccio e saltò al riparo, dietro una colonna, ma era stretta e non lo stava proteggendo adeguatamente.
Tentò una disperata sortita. Fuggire non serviva. I bunker in quei casi diventavano trappole.
Altri uomini fecero fuoco, ma il Terminator li colpiva con precisione e rapidità.
Joe era furente. Tentò una disperata sortita sparando altri tre colpi. LA scarica del Terminator provocò una violenta esplosione alle sue spalle che lo fece cadere a terra.
Con le sue ultime forze sparò ancora e staccò un braccio al cyborg, poi l'arma gli volò di mano, colpita dal Terminator.
Il cyborg fu sopra di lui. LA sua figura era completamente nera, tranne i puntini rossi delgi occhi.
I cani abbaiavano, abbaiavano, abbaiavano........aprì gli occhi e si svegliò.
I cani stavano ancora abbaiando, o, meglio, si trattava di un solo cane.
“Fran! Prendi la roba, scappiamo!”
“E' lui?!”
“Sì....i cani, si infuriano se riconoscono l'odore di un Terminator”
“Come ha fatto a.......”
“Non importa, via di qui!”
Presero le borse ed uscirono dalla finestra.
Fecero il giro intorno all'ala del motel verso il parcheggio, diretti all'auto.
Il cane abbaiava più che mai.
Udirono una raffica di mitra.
Joe si sporse sul piazzale. Lo vide un uomo sfondare la porta della stanza ed entrare esplodendo altri colpi.
Prese una bomba ed un'accendino.
“Vai alla macchina, accendila e vieni a prendermi qui.
Fran corse ad eseguire il suo ordine.
Joe attese qualche secondo.
Il Terminator uscì. Joe accese il candelotto e lo tirò.
L'esplosione fece letteralmente volare il Terminator in mezzo al piazzale, ma Joe sapeva di non aver vinto.
Fran arrivò con l'auto e Joe vi saltò dentro.
“Guida tu! Via, presto!”
Mentre uscivano dal parcheggio, una raffica mandò il lunotto in frantumi.
Françoise stava premendo l'acceleratore a tavoletta. Il coraggio della paura la rendeva spericolata.
“Eccolo” disse Joe.
Il Terminator stava guidando in maniera impeccabile una moto di grossa cilindrata con una mano sull'acceleratore e l'altra che impugnava un mitra.
Joe accese un candelotto e lo lasciò cadere. Il Terminator schivò l'esplosione e si rimise all'inseguimento.
Joe continuava a bersagliarlo mentre il Terminator si destreggiava fra gli scoppi e cercava di sparare, ma la sua mira non era efficiente. Cercò di avvicinarsi. Accelerò al massimo e la moto si avvicinò di lato. Il Terminator appoggiò il mitra sull'avambraccio. Li avrebbe colpiti. Joe lasciò cadere il candelotto, ma il caso volle che rimbalzasse sulla forcella della moto ed esplodesse a mezz'aria. Joe gridò portandosi le mani al viso. Fran perse il controllo dell'auto che, sbandando, fece cadere il Terminator e si rovesciò.
Dentro l'auto rovesciata Fran, trattenuta dalla cintura di sicurezza, vide inorridita il Terminator rialzarsi e camminare verso di loro.
“Joe! Joe!!”
“Sì....cosa......”
“Svegliati Joe, usciamo di qui!!”
Anche Joe vide il loro nemico avvicinarsi. Non aveva armi, ma questo non lo rendeva meno pericoloso. Mentre avanzava pensando solo al suo bersaglio, non osservò la più elementare regola di prudenza di chi attraversa la strada. Un camion lo investì, facendolo volare lontano.
Françoise riuscì a slacciarsi la cintura.
Joe uscì dall'auto e la trascinò fuori. Aveva in mano la borsa dei candelotti.
“Joe, è finita, lo hanno distrutto!”
“No, lo avremo addosso fra poco! Non è fuori uso, può sopportare un urto del genere! Tu scappa, lo fermerò io”
“No! Scappi anche tu! Io non me ne vado!”
“Non essere stupida!”
“Non esserlo tu!”
Joe si guardò intorno.
Vide una recinzione metallica oltre il guard-rail.
“Vieni, presto!” le disse.
Saltarono il guard-rail e Joe aprì un buco nella rete con un tronchese. Corsero verso un capannone industriale ed entrarono facendo saltare un lucchetto con un colpo di revolver. Joe entrò nella fabbrica e prese ad accendere tutti gli interruttori che gli capitavano sottomano.
“Cosa fai?” chiese lei.
“In questo modo non può individuarci!”
Joe la condusse via. Ogni tanto accendava interruttori. Le macchine della fabbrica si erano attivate.
Il Terminator si rese conto dì non poter contare sul vantaggio dei sensori. Joe sapeva che in quelle condizioni era possibile tendergli un'agguato, ma doveva essere certo di metterlo fuori uso. Aprì un porta e vide che dava sull'esterno. Un grosso serbatoio di propano troneggiava in mezzo ad un cortile d'asfalto.
Joe si fermò.
“Fran, ora so come fermarlo”
“Come? Dimmelo!”
“Quel serbatoio....mi restano cinque candelotti.....se li faccio esplodere insieme a quel serbatoio.......”
“No! Morirai! No!”
Joe la trascinò per mano.
“Si nascosero dietro il serbatoio”
Joe prese dalla borsa delle armi il mitra.
Lo farò cadere, poi accenderò i candelotti e...”
“Joe, io farò da esca”
“No! Tu non devi essere messa a repentaglio, da te dipende il futuro dell'umanità intera!”
Il Terminator comparve sulla porta e prese a corre verso di loro. Con uno strattone, Fran si liberò dalla stretta di Joe  e prese a correre intorno al serbatoio. Il cyborg la inseguì. Joe gli sparò facendolo cadere, accese la miccia e corse. Il Terminator si rialzò. Il boato fu tremendo. Françoise perse i sensi.

Riaprì gli occhi lentamente. Vide una luce bianca. Si rese conto di essere distesa su un letto operatorio.
“Apra gli occhi lentamente, signorina, si abitui un poco per volta” le disse la voce gentile di un uomo anziano.
“Ha ripreso colore, professore” disse una voce dall'accento tedesco.
Era viva.
“D-dove sono? Joe! Che ne è di Joe!”
“Sta bene, signorina. Si trova qui, con noi”
“Che ospedale è questo?”
“Non si tratta di un'ospedale, signorina, ma di un laboratorio di tecnologie bioniche. Si tratta di un'impianto segreto”
“Non capisco....”
“Signorina, mi permetta di presentarmi. Sono il Professor Isaac Gilmoure, direttore del progetto 00”
“Cosa c'entro io con il vostro progetto? Non so neppure cosa sia”
“Vede, signorina, ora lei ne è parte. Abbiamo utlizzato queste tecnologie per impedirle di perdere l'udito e la vista. Ora lei è un cyborg”
“Cosa....cosa mi avete fatto?”
“Abbiamo dovuto farlo, o lei sarebbe rimasta sorda e cieca. Le abbiamo impiantato  vista e udito artificiali. Imparerà ad usarli sotto la nostra guida, ma non è tutto. Abbiamo un nemico comune”
“Quale?”
“Black Ghost”
“Lei come sa.....”
“Ne so parecchio, e lei ha imparato cosa voglia dire averci a che fare. Io ed i miei cyborg abbiamo il compito di contrastarli. Conosciamo la vostra storia, abbiamo un fascicolo su di voi. Ora sappiamo cosa potrebbe accadere e vogliamo cambiare il futuro. Vuole essere dei nostri?”
“Ma...io.....”
“Accetti, signorina. Noi siamo suoi alleati” disse una voce dall'accento tedesco. Fran vide un uomo sulla quarantina, biondo. Indossava un'uniforme rossa con un lungo foulard giallo annodato a mantello.
“Io....vorrei vedere Joe”
“Ok” rispose il tedesco “Oh, dimenticavo, io sono 004, Albert Heinrich”
“Piacere......”
Joe entrò nella stanza. Indossava anche lui l'uniforme rossa. Era accompagnato da un gigantesco pellerossa e da un uomo di colore, anche loro con la stessa divisa.
“Fran!”
“Joe! Joe!!”
Joe corse ad abbracciarla.
“Fran, ascolta.....ora sono un cyborg anche io.....sarei morto senza il loro intervento. Sai, loro sanno del Black Ghost, hanno esaminato lo scheletro metallico del  Terminator recuperato dalle squadre di soccorso e sanno che dico la verità. Io ora sono in parte una macchina”
“Non me ne importa Joe....ormai vale anche per me”
“Sai, il Professor Gilmoure mi ha svelato un altro segreto”
“Quale?”
“Sei incinta, Fran. Stai aspettando nostro figlio”
“Ma come fa a dirlo?”
“Sei qui da parecchio tempo, Françoise, ti hanno tenuto in animazione sospesa. Fra non  molto potrai lasciare questo lettino. Jean sta bene.”
“Jean...sapevamo già come chiamarlo.....una sola notte insieme e.......era davvero destino, amore mio. Abbiamo svelato il mistero del padre di Jean Arnoux alla fine....Jean Shimamura, in realtà”
Il Professor Gilmoure intervenne.
“Il futuro non è già deciso. La guerra contro Black Ghost non ci coglierà di sorpresa, possiamo riscrivere la storia”
“Sarò dei vostri” disse Fran “Mio figlio vivrà, ma la guerra contro Black Ghost comincerà ora”

© 08/01/ 2013

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